(Nel Fotomontaggio Paolo Scaroni e Giuseppe Sala assistono al disastro ecologico causato dall'abbattimento del Meazza)
Mentre per il Nuovo Stadio del Milan, emergono criticità sul progetto San Donato; vedi articolo di Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano di ieri : https://bit.ly/40cvVkk , il Sindaco Giuseppe Sala va diritto al problema: ABBATTERE SAN SIRO.
Riguardo alla Decostruzione e Ricostruzzione di San Siro vi ricordiamo l' intervento di Paolo Pileri del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politenico di Milano durante il Dibattito Pubblico riguardo la Sostenibilità ambientale (04-11-22).
Nell'intervento Pileri prospetta che il solo intervento San Siro annulla la previsione di riduzione emissiva che il PAC stimava per il 2017 e 2020. Così si torna ai livelli del 2017. Il solo intervento San Siro equivale ad una emissione di CO2 pari a c.a. due anni di strasporto pubblico a Milano.
Le squadre sin dal primo momento hanno posto la questione in questo modo: "O il Comune fa come diciamo noi (= demolire il Meazza e lasciarci costruire un nuovo stadio e un nuovo distretto commerciale terziario accanto al tipo City Life), o ce ne andiamo!".
Avviare una trattativa fondata sul ricatto, non è un buon modello di amministrazione pubblica.
Ma nonostante la delibera fosse passata in Consiglio e i club avrebbero potuto procedere per l'ok definitivo, si è aperta la fase due, dettata da un tema centrale: i settant'anni del Meazza e il probabile vincolo dal 2025. Il che mette in discussione l'intera operazione di finanza immobiliare, perché l’hanno capito anche i sassi, questa è la reale natura del progetto stadio grazie alla legge-Stadi, che regala volumetrie commerciali e terziarie a condizione di demolire e ricostruire l’impianto.
Ed è iniziato il gioco del domino su scala metropolitana (la Maura, San Donato, Assago, Rozzano) con tanta aria fritta che lo stesso Beppe Sala, in consiglio, ha detto di considerare poco credibile (San Donato presenta problemi insormontabili per i parcheggi e i servizi; e il presunto acquisto dell'area da parte del Milan è, in realtà, come ha confermato il sindaco in aula, un semplice accordo di prelazione condizionato, com’era avvenuto anche per la Maura).
In due parole: lasciamo stare i comunicati di MilanNews: alternative vere a San Siro non ci sono, per tre motivi: perché le nuove localizzazioni implicherebbero ingenti investimenti che i club non intendono fare; perché il ritorno economico di tali investimenti è enormemente ridotto, per la scarsa attrattività delle aree esterne; perché le stesse amministrazioni locali non reggono l’impatto di un simile progetto, sia dal punto di vista politico che organizzativo (il sindaco ha parlato anche di questo, in aula).
Ora, mettiamo da parte le convenienze di Scaroni e proviamo a considerare le convenienze dell’amministrazione comunale: il Comune di Milano è proprietario del Meazza; il Meazza ospiterà la cerimonia inaugurale dei giochi olimpici 2026; verrà adeguatamente attrezzato per l’occasione; è uno degli stadi prescelti per gli Europei di calcio 2032; con gli Europei 2032 sono previsti ingenti finanziamenti per rigenerare gli impianti esistenti; con questi finanziamenti puoi rimettere a nuovo il Meazza con enormi benefici per l’amministrazione comunale.
Infine, il vincolo: è un vincolo culturale semplice, che significa una cosa semplice: puoi anche rimuovere il terzo anello, puoi rifare completamente il primo anello (le tre strutture, primo secondo e terzo anello, sono staticamente indipendenti e autonome fra loro), puoi realizzare nuovi spazi interni per merchandising e accoglienza; l’unica cosa che non puoi fare è demolire la struttura del secondo anello, quella caratterizzata dalle rampe esterne.
Io come amministratore comunale non posso rinunciare a questa prospettiva per lasciare via libera alla demolizione di un bene comunale al fine di generare profitti con un’operazione finanza immobiliare.
Se la trattativa di riqualificazione e riuso del Meazza può realizzarsi, è grazie proprio alla prospettiva di mantenerlo grazie al vincolo.
Il ricorso contro il vincolo riporta nuovamente indietro le lancette. In pratica il Comune ha chiesto alla Soprintendenza di anticipare un parere sul vincolo; con spirito di collaborazione istituzionale, la Soprintendenza ha coinvolto la Commissione Regionale per il Patrimonio della Lombardia, organo del Ministero della Cultura, che ha espresso all’unanimità un parere certamente non gradito a Scaroni e Cardinale.
Un parere preventivo, non un atto formale. E la decisione da parte del Comune di Milano di ricorrere contro di esso, rimette ancora una volta la questione sui tristi binari sui quali, sin dall’inizio, è stata impostata.
Con un ruolo del Comune che appare subalterno rispetto agli interessi della finanza immobiliare.
Milano 25 Ottobre 2023
La Redazione