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    SALVIAMO SAN SIRO

    Per dire "No" all’ abbattimento e alla cementificazione del quartiere, ma "SI" alla sua eventuale ristrutturazione che comprenda la riqualificazione dell' area con spazi dedicati ai giovani, allo sport, al verde comune e che allo stesso tempo ne venga mantenuta l' identità
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san siro milan cardinale scaroni

 

Vi presentiamo un estratto dalla newsletter odierna di Enrico Fedrighini, che tratta del Meazza con incluso il video dell'intervento del 23 settembre in consiglio comunale, sempre sul tema del Progetto Stadio di San Siro.

A Milano da tempo la realtà supera la fantasia (sogni o incubi, a seconda dei casi). Vista la mole di cose successe dopo l’incontro pubblico di domenica 22 settembre in piazza a QT8, un breve aggiornamento per punti, arricchito da alcuni collegamenti finali di approfondimento:

Progetto Stadio: il dietrofront di Milan e Inter (“Non vogliamo ristrutturare il Meazza, costa troppo, più conveniente costruire un nuovo stadio”) non desta sorpresa. Questi fondi non rappresentano imprese di costruzione, non sono interessati a progetti di “rigenerazione urbana”: sono società che operano unicamente sul piano finanziario, nel breve periodo, per massimizzare i profitti e ripartire gli utili agli investitori. Stop. Non sono interessati a interventi remunerativi nel medio-lungo termine: acquistano e vendono per creare profitti nel giro di poco tempo. Questo ha due conseguenze immediate per noi:
1) la barzelletta che, demolendo il Meazza e costruendo un nuovo stadio, verrebbe rigenerato il quartiere popolare di San Siro è, appunto, una barzelletta;
2) ai fondi non interessano le aree di San Donato né Rozzano: vogliono avere in mano i titoli edilizi per il nuovo stadio a San Siro, unico valore in grado di ripianare perdite e far lievitare i profitti;
3) i club devono documentare in Consiglio comunale quanto affermano, ovvero che ristrutturare il Meazza costa troppo e conviene costruire un nuovo stadio: i dati in nostro possesso dicono invece che ristrutturare completamente il Meazza (garantendo a entrambi i club la praticabilità dell’impianto durante i lavori) costa 300 mln di euro, mentre un nuovo stadio circa 1 miliardo;
4) pensare di vendere il Meazza è roba da Corte dei Conti: gli introiti che il Comune può ricavare (magari costituendo una società mista con i club) dagli incassi sia delle partite che dei concerti è linfa vitale per le casse comunali.

 di Enrico Fedrighini

Da parte nostra Il dietrofront di Milan e Inter non è solo una sorpresa: è come scoprire che il clown che pensavi fosse il tuo amico in realtà è lì per rubarti il portafoglio.
I fondi non sono qui per costruire sogni, ma solo per mettere le mani su un bel gruzzolo di denaro.
Dicono che non vogliono ristrutturare il Meazza perché “costa troppo”? E noi che pensavamo che stessero cercando di risolvere i problemi della città !  No, amici, qui si parla solo di massimizzare i profitti e far felici gli investitori, che evidentemente hanno bisogno di nuove slot machine da alimentare.

Il tutto è comfermato dal dossier di Repubblica del 4 Ottobre che qui potete leggere nella versione integrale con i particolari della vendita del 22% del Milan.

Repubblica 04 Ottobre

Cardinale cerca soci vende il 22% del Milan, lo stadio il vero affare

Un dossier per potenziali investitori definisce “opportunità speciale” l’acquisto delle quote del club rossonero, con ricchi guadagni all’uscita.

 

Milano – Gerry Cardinale è sempre più a caccia di investitori per tenersi il controllo del Milan, appeso alla difficile realizzazione del nuovo stadio a San Donato. Nell’agosto 2022 la sua società di gestione degli investimenti RedBird rilevò il controllo del club dal fondo Elliott della famiglia Singer, che gli prestò poco meno della metà della valutazione di 1.2 miliardi di euro: 560 milioni tramite vendor loan (prestito del venditore) triennale. Ma poco più di due anni dopo, mentre al Portello si gongola per il secondo attivo di bilancio (4.1 milioni per il 2023-24, dopo i 6.1 milioni dell’esercizio precedente), dagli Usa emerge la fretta di trovare nuovi soci.

Non si tratta più solo dell’esigenza di pagare tra 11 mesi a Elliott il debito, che alla scadenza di agosto toccherà i 693 milioni (il 57.7% del valore attuale del Milan) e che è già salito con gli interessi dell’8% a 634,3: lo attesta il bilancio 2024 di ACM Bidco, la controllante del Milan, depositato ad Amsterdam lo scorso 30 settembre.

Proprietario di AC Milan,documento Olandese
Ora la nuova urgenza di Cardinale sembra quella di rimpolpare il suo stesso capitale, vendendo “al prezzo base di costo”, cioè senza guadagno, “fino a 150 milioni del capitale investito iniziale di 681 milioni, data la necessità dell’azienda di abbassare l’importo dell’investimento per riequilibrare il portafoglio”.
La formula testuale è riportata nel documento in cui Washington Harbour, società di investimenti e consulenza finanziaria, prospetta per conto di RedBird a potenziali investitori l’acquisto di una quota azionaria, pari al 22% del capitale che 25 mesi fa Cardinale avrebbe raccolto e investito nel Milan. Il dossier circola dallo scorso maggio negli ambienti finanziari internazionali. Repubblica lo ha potuto visionare.

Washington Harbour spiega di aver ricevuto mandato da RedBird per ribilanciare l’esposizione del manager newyorchese dell’intrattenimento. Il quale, a dispetto delle recenti dichiarazioni riportate dal Financial Times su “valutazioni enormemente gonfiate delle squadre di calcio, basate su nozioni facili riguardo la futura crescita del settore”, prima dell’estate ha commissionato il dossier che definisce “un’opportunità speciale” l’acquisto di quasi un quarto dell’investimento di RedBird nel Milan. Per invogliare gli acquirenti, le condizioni sono molto vantaggiose, “malgrado la significativa outperformance”, il risultato finanziario, “del 2022-23”.

L’elemento chiave è il futuro stadio di proprietà, i cui ricavi ipotizzati sono di ben duecentoundici milioni l’anno.
Un miliardo è la spesa, finanziata in parte con novecento milioni di debito, per un impianto da oltre settantamila posti di cui oltre tredicimila premium (club, logge, skybox), per il quartiere generale del club e per lo store, il museo, l’hotel, l’area ristoranti e bar, la vendita al dettaglio.
La partenza dei lavori viene dichiarata ad ottobre 2025, la conclusione nel 2029.
Ma la realtà è nebulosa, visti il passo indietro verso la coabitazione con l’Inter per dividere le spese, e poi il revival dell’area di San Siro col parziale abbattimento dell’attuale Meazza. Per ingolosire i soci eventuali, viene prefigurato un ricco guadagno all’uscita: chi investe i suddetti centocinquanta milioni potrebbe uscire nel 2027, rivendendo le proprie quote addirittura a trecentonovanta milioni, 2.6 volte in più.

Tre sono i differenti scenari, legati anche alle cosiddette assumptions  sportive, le previsioni minime in funzione del mero business che fanno storcere il naso ai tifosi: sempre il terzo posto in campionato e un cammino ordinario in Champions (non oltre i play-off nel 2024-25, ottavi di finale nel 2025-26 e nel 2026-27).
Il dossier disegna ancora partner esotici all’orizzonte: “Sulla base dei nostri colloqui con RedBird riteniamo che probabilmente venderà una quota di minoranza nel 2027 a un fondo sovrano o a una famiglia miliardaria, per fornire liquidità agli investitori che desiderano vendere prima del completamento del nuovo stadio nel 2029”.
L’affare stadio è fondamentale anche per l’attuale management del club. Una tabella ad hoc, vaga sull’eventuale rifinanziamento a RedBird (si registra che il peso del vendor loan di Elliott arriverà fino a 766 milioni), introduce i MIP, acronimo di Management Incentive Plans, gli incentivi ai manager. Quelli citati nel dossier fissano in 569 milioni il compenso per l’attuale dirigenza del Milan nel migliore scenario di sviluppo possibile e in 358 il bonus nello scenario base.

L’ipotesi più pessimistica non prevede guadagni supplementari per i dirigenti. Le prime due postulano lo stadio, la terza il naufragio del progetto.
Per Cardinale, per l’ad Furlani e per il presidente Scaroni è una fortissima motivazione in più per portare a termine l’operazione.

di Enrico Currò

 

Secondo quanto si evince da un documento che racchiude informazioni dei clienti,  non sarebbe Gerry Cardinale l’azionista di maggioranza del club, bensì come indicato in precedenza è ACM FootballCo Intermediate Coöperatief U.A, un fondo privato con sede ad Amsterdam.
La suddetta società sarebbe dunque il reale azionista di maggioranza indiretto del Milan con 410 milioni di euro investiti.

Poi andando a spulciare la nomenclatura societaria della società olandese appare come questa abbia ben due direttori. Uno è Robert Klein, partner di Gerry Cardinale in RedBird, il secondo la persona giuridica Dentaleus Holding B.V, di cui però si disconoscono i membri. È il classico Mister X, però al riparo di una singolare clausola: quella del doppio direttore.
Un fattore da film Thriller considerando che ogni decisione relativa al Milan potrà essere assunta solo se entrambi i direttori risultano essere d’accordo.



 

Milano 05  Ottobre 2024








LaRedazione


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